Domenico Nordio, violinista, violista e direttore d'orchestra, ha suonato alla Carnegie Hall di New York, alla Salle Pleyel di Parigi, al Teatro alla Scala di Milano, al Barbican Center di Londra e alla Suntory Hall di Tokyo. Nella sua trentennale carriera si è esibito con la London Symphony, l'Orchestre National de France, l'Orchestre de la Suisse Romande, l'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia, le Orchestre della Radio di Stoccarda, Madrid, Lugano e Sofia, la Sinfonica di Mosca, la Nazionale della RAI e la Nazionale di Spagna diretto da Flor, Steinberg, Casadesus, Luisi, Karabatchevskij, Lazarev, Aykal. Le recenti apparizioni alla Sala Grande della Filarmonica di San Pietroburgo, alla Filarmonica Enescu di Bucarest, al Teatro Municipal di Rio de Janeiro, al Teatro Colon di Buenos Aires e alla Sala Tchaikovskij di Mosca, le lunghe tournées in Europa e in America e le numerose produzioni discografiche hanno accresciuto la sua fama: oggi Nordio è uno dei musicisti italiani di maggiore popolarità internazionale. Per questo la Fondazione Stradivari di Cremona lo ha scelto quale testimonial del suo progetto «Friends of Stradivari» che prevede concerti ed audizioni con i grandi violini da lei curati (Stradivari, Amati, Guarneri del Gesù e Bergonzi). Proprio con lo Stradivari «Joachim-Ma» del 1714 ha registrato il suo primo lavoro per Sony Classical, etichetta per la quale nel 2012 ha siglato un accordo di esclusiva. Il Cd include il Concerto Gregoriano di Respighi e la Tartiniana Seconda di Dallapiccola con Muhai Tang e la Filarmonica Toscanini. Acclamato camerista, Nordio è regolarmente presente nei più importanti Festival al fianco di Misha Maisky, Luis Lortie, Boris Belkin, Michele Campanella e Jeffrey Swann. Particolarmente stretto è il sodalizio con Mikhail Lidsky, con il quale ha inciso le Sonate di Brahms per violino e viola per Decca, con Andrea Bacchetti, suo partner negli ultimi sold out ai Festival di Ravenna e di Ravello e con Maurizio Baglini. Nordio è molto attento alla musica di oggi e ha tenuto a battesimo brani di Semini, Donatoni (Duo per violino e viola nella Settimana Musicale Senese), Boccadoro («Cadillac Moon» eseguito con l'Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari e registrato dal vivo per Rai Trade), Dall'Ongaro ('La zona rossa') e Molinelli («Zorn Hoffnung Gesang', in prima assoluta in occasione del Concerto Finale del Concorso di Composizione «2 Agosto» con l'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna e 'GADE', eseguito all'Asiago Festival 2013). Allievo di Corrado Romano e di Michèle Auclair, ex bambino prodigio (ha tenuto il suo primo recital a dieci anni), Domenico Nordio ha vinto a sedici anni il Concorso Internazionale 'Viotti' di Vercelli con il leggendario Yehudy Menuhin Presidente di Giuria. Dopo le affermazioni ai Concorsi Thibaud di Parigi, Sigall di Viña del Mar e Francescatti di Marsiglia, il Gran Premio dell'Eurovisione ottenuto nel 1988 gli ha dato immediata popolarità grazie anche alla finale trasmessa in tutta Europa in diretta televisiva dal Concertgebow di Amsterdam. Nordio è l'unico vincitore italiano nella storia del Concorso.
Andrea Bacchetti, nato a Genova (Italia) nel 1977, giovanissimo ha incontrato e raccolto i consigli di musicisti come Karajan, Magaloff, Baumgartner, Berio e Horszowski. Premiato con prestigiose Borse di Studio dal Mozarteum di Salisburgo, dalla Yamaha Music Foundation di Londra, dal Conservatorio Nazionale di Parigi che gli hanno consentito di frequentare Maestri quali Dorenski, Kammerling, Perticaroli, Perahia, Goode, Lonquich, Weissenberg, ecc. Diplomato 'Master' all'Accademia di Imola con F. Scala. Debutta a 11 anni a Milano con i Solisti Veneti diretti da Claudio Scimone. Da allora ha suonato frequentemente in festivals internazionali quali Lucerna, Salisburgo, Belgrado, Santander, Antibes, Vicenza, Bologna, Menorca, Brescia e Bergamo, Sermoneta, Camerino,Sorrento, Ravello, Torino, Como, La Coruna, Pesaro, Milano (Festival MITO), Bellinzona, Salamanca, Cervo, Badworishofen, Husum, Ravenna ecc. e presso importanti centri musicali come Konzerthaus, Berlino; Salle Pleyel, Salle Gaveau, Piano 4****, Parigi; Rudolfinum Dvorak Hall, Praga; Palais des Beaux Arts (Bruxelles - Europalia 2008); Teatro La Fenice, Venezia; Teatro alla Scala e Sala Verdi, Milano; Teatro Coliseo, Buenos Aires; Ateneo Rumeno, Bucarest; Rachmaninoff Saal, The Moscow State Philarmonic Society, Conservatorio Mosca; Auditorium National d'Espagna (ciclo grandi interpreti de 'Scherzo'), Teatro Real, Teatro Monumental, Madrid; Mozarteum Brasilero, San Paolo; Zentrum Paul Klee, Berna; Gewandhaus, Lipsia; Auditorium M. Delibes, Valladolid; Università La Sapienza, Accademia Filarmonica, Concerti al Palazzo del Quirinale, Roma; ha partecipato a Milano in Sala Verdi al ricordo di L. Berio insieme all'Ensemble Intercontemporain e P. Boulez; tournées in Giappone, Sud America, ecc. con direttori ed orchestre di rilievo internazionale come Camerata Salzburg, Lucerne Festival Strings, Cappella Istropolitana, Bratislava; Prague Chamber Orchestra, Filarmonica della Scala, MDR Sinfonie Orchestra, Lipsia; RTVE Radiotelevisione Spagnola, Madrid; SDWO Sud-West-Deutsches Orchester, Pforzheim; Philarmonie der Nationen, Amburgo; Enescu Philarmonic, Bucarest; ONBA, Bordeaux; Philarmonique de Nice e de Cannes; Sinfonica Castilla Y Leon; Sinfonica dell'Asturia; Sinfonica dell'Estado del Paranà, Curitiba ecc. In Italia suona regolarmente con le maggiori orchestre e per le principali associazioni concertistiche. È ospite dal 1998 delle Serate Musicali di Milano, dove ha in corso di esecuzione un programma pluriennale con l'integrale dell'opera per tastiera di Bach. Suona in duo con Rocco Filippini, con il Quartetto Prazak, i Quartetti di Cremona, della Scala, di Venezia, il Quartetto Ysaye. Le sue Suites Inglesi di Bach (DECCA) hanno raccolto unanimemente consensi particolarmente entusiastici dalla stampa specializzata ed hanno ricevuto il premio dalla prestigiosa rivista americana 'Classics Today' e della francese 'Diapason'. Il CD 'Berio Piano Works' (DECCA) - particolarmente voluto ed apprezzato dal compositore con il quale Bacchetti ha studiato e collaborato fin da quando aveva 11 anni - ha avuto la 'nomination' al Premio Amadeus 2005; segnalato tra le migliori incisioni dell'anno dalle più autorevoli riviste musicali italiane; fra quelle più autentiche e significative in assoluto da CD Compact, Mundoclasico (Spagna) e Muzika 21 (Polonia). Il SACD con l'integrale delle '6 Sonate' di Cherubini e CD Galuppi 'Piano Sonatas' (RCA RED SEAL - Sony Music) hanno raccolto giudizi artistici elevatissimi dalla critica internazionale; i '5 Diapason' dell'omonima rivista francese, le '5 Stelle' di Musica, Amadeus, Ritmo, Fonoforum, Crescendo, Luister, Musik und Theater, Pizzicato, Le Monde de la Musique e delle altre maggiori riviste europee, oltre ai più importanti quotidiani italiani e al prestigioso 'El Pais'. L'integrale del Gradus ad Parnassum di Clementi (ARTS) è stata premiata dalla rivista giapponese Record Gejiutsu. Il DVD Arthaus con le Variazioni Goldberg di Bach, con ampia monografia, trasmesso con grande successo da SKY Classica, è stato segnalato tra i migliori DVD dell'anno dalla stampa specializzata europea e americana. Sono da ricordare le '5 stelle' di BBC Music Magazine, di Amadeus, Musica, Scherzo; la raccomandazione di Gramophone, International Record Review, il premio di Classics Today France, American Record Guide, Fanfare, Japan Record Gejiutsu, Gramofon, Piano News, International Piano, Piano Magazine, oltre che la nomination al premio della critica italiana 2008 della rivista Classic Voice. Suoi concerti sono trasmessi da RadioTre, BBC Radio3 (UK), ORF, Radio France (la Roque d'Anteron), RTSI, Radio della Nuova Zelanda, RNE (Spagna), MDR Lipsia, ecc.
Appunti per l'ascolto
Le tre Sonate dell'opera 12 furono composte tra il 1797 e il 1798, e vennero pubblicate a Vienna nel gennaio del 1799, con dedica ad Antonio Salieri. L'op. 12 fu recensita in modo arcigno dall'Allgemeine Musikalische Zeitung il più autorevole periodico tedesco; la prima Sonata era definita «ammasso senza metodo di cose sapienti: niente di naturale, niente canto, un bosco in cui si è fermati a ogni passo da cespugli nemici, e da cui si esce esausti, senza piacere; un mucchio di difficoltà da perderci la pazienza». I1 concetto di «sonata concertante» può essere compreso concretamente anche dall'ascoltatore che, pur non sapendo leggere la musica, riesca a fissare la sua attenzione sulla struttura dell'inizio della Sonata. Si inizia con un accordo seguito da un disegno ritmico caratteristico, che formano il primo elemento del tema: entrambi gli strumenti suonano e l'accordo e il disegno ritmico, restando su un piano di assoluta parità. Si continua con un periodo di senso compiuto, in cui l'elemento principale (melodico) è affidato al violino, mentre il pianoforte accompagna con una serie di accordi (mano sinistra) e con un movimento ritmico continuo ( mano destra ). Lo stesso periodo viene ripetuto, con una diversa conclusione: questa volta al violino è affidato il movimento ritmico continuo, alla mano sinistra del pianista ancora gli accordi, alla mano destra l'elemento melodico che prima era stato eseguito dal violino. I due strumenti si sono quindi scambiati i ruoli di protagonista e di comprimario. L'elemento melodico del violino non poteva però essere trasferito sic et simpliciter al pianoforte: il suono del violino, strumento a corde soffregate da un arco, è di intensità costante, mentre il suono del pianoforte, strumento a corde percosse da un martelletto, diminuisce rapidamente di intensità. Beethoven modifica quindi l'elemento melodico, quando lo affida al pianoforte, «riempiendo» con aggiunte ritmiche i suoni lunghi che il violino teneva fermi. Questi procedimenti vengono mantenuti ner tutto il tempo della Sonata, e sono alla base di tutta la scrittura beethoveniana per pianoforte e violino. Il primo tempo è in forma tradizionale, con sviluppo assai breve. Si noti la sorpresa tonale tra la fine dell'esposizione e l'inizio dello sviluppo: passaggio diretto da la maggiore a fa maggiore, secondo un rapporto (tonalità principale-tonalità del sesto grado abbassato) tra i più tipici dello stile di Beethoven. Il secondo tempo è un tema variato, assai gradevole melodicamente ma non molto diverso dallo stile classico medio, comune a molti compositori. Interessante è però la struttura del tema, in due parti (A-B) senza ripresa, mentre sarebbe stata più tradizionale la forma con ripresa (A-B-A). Tra le variazioni si fa notare, come la più beethoveniana, la terza, caratterizzata da sbalzi improvvisi dal piano al fortissimo e viceversa. Nella quarta variazione è da notare la particolare scrittura pianistica dell'inizio. Anche la forma del terzo tempo è tradizionale, ma con qualche trovata personalissima: si tratta di un rondò a sette episodi, che verso la fine rompe lo schema ordinario riprendendo il primo tema in tonalità inattesa, e chiudendo col terzo tema anziché col primo. Il primo tema, scattante e pieno di humour, ricorda le danze popolari austriache.
La Sonata in fa maggiore fu pubblicata dapprima come op. 23 n. 2, e separatamente, con il numero d'opera 24, nella primavera del 1802. Non sembra che la divisione delle due Sonate sia dovuta ad un ripensamento del compositore. La parte del violino di una Sonata era uscita in formato verticale, la parte dell'altra in formato oblungo, forse per un errore degli incisori. Probabilmente l'editore pensò che fosse meglio cambiare il numero d'opera alla seconda Sonata anziché rifare l'incisione di una delle parti di violino. La Sonata op. 24 è nota col titolo «La Primavera». Non si sa bene a chi sia dovuto il titolo (che, superfluo dirlo, non è di Beethoven); la ragione del titolo è probabilmente da ricercarsi nel carattere del tema iniziale, fresco, disteso, sereno. Si tratta di uno dei temi più semplici e più melodicamente gradevoli che Beethoven abbia scritto. Ma tutto il primo tempo è costruito con temi molto semplici, ed è semplicissimo di struttura, quasi come un brano esemplificativo della forma-sonata, ad uso di allievi. Il primo tema, esposto dal violino, ripreso dal pianoforte con le solite varianti ritmiche, termina con una netta cesura. inizia quindi il tema di transizione, molto breve. Il secondo tema è esposto dai due strumenti insieme (si notino già gli accordi ripercossi del pianoforte, con i quali inizia). I due strumenti si scambiano successivamente le parti, ma non si può mai dire che una parte sia più importante dell'altra. Il tema, cioè, non è formato da una linea e un accompagnamento, ma da due linee, e quindi i due strumenti non tanto dialogano, quanto si integrano vicendevolmente in un discorso unico. Qui ci troviamo veramente al superamento degli schemi della sonata concertante, che Beethoven, nell'Op. 12, aveva seguito con scrupolo, non senza qualche momento di scolasticità. L'esposizione termina con il tema di conclusione, costruito su certe scalette che ricordano gli esercizi tecnici con cui i pianisti ed i violinisti si fanno i loro allenamenti quotidiani. Ma Beethoven, come già Mozart (si pensi ad esempio alla Sonata facile per pianoforte, K 545 ), riesce a dare un significato musicale anche all'esercizio più arido. Né lo sviluppo né la riesposizione presentano qualche tratto strutturale fuori dall'ordinario. Si notino, alla fine dello sviluppo, i trilli del violino, mentre il pianoforte fa sentire due frammenti di scala: è un momento espressivo che in musica compare più volte a simboleggiare la fine della tempesta (quarto tempo della Sinfonia Pastorale di Beethoven, terzo episodio della ouverture del Guglielmo Tell di Rossini, Tempesta del Rigoletto di Verdi). Il clima espressivo del primo tempo si prolunga nel secondo, costruito anch'esso su una melodia estremamente semplice. La melodia è accompagnata con un movimento uniforme del basso, secondo un modulo stilistico molto comune nel Settecento, detto «basso albertino», che in Beethoven non è di certo frequente. Non c'è un vero e proprio secondo tema, ma un breve episodio contrastante, che porta ad una ripresa variata della melodia; la variazione è ornamentale, con fioriture belcantistiche. Quando la melodia, in modo minore, passa al violino, il pianoforte continua con il basso albertino in ottava: e, di colpo, ci troviamo di fronte a una sonorità novissima, di inusitata morbidezza, che preannuncia la parte finale del secondo tempo del Concerto Imperatore. Nell'Op. 23 veniva preparato 1'inserimento dello Scherzo nella sonata per pianoforte e violino. L'innovazione è attuata nell'Op. 24, con uno Scherzo brevissimo, caratterizzato da giochi in eco tra i due strumenti. Anche il rondò finale è un brano tutto serenità e grazia, basato su un tema principale che sta in lontano rapporto con il Rondò «Non più fiori» della Clemenza di Tito di Mozart (alle parole «Chi vedesse il mio dolore»). Vari commentatori parlano di citazione mozartiana, ma non è esatto. La derivazione da Mozart è indiretta, e probabilmente non sarebbe stata scoperta se il tema di «Non più fiori» non fosse stato trovato in uno dei quaderni che Beethoven usava per i suoi appunti. Partendo dal tema di Mozart, Beethoven pervenne ad un tema diverso, che non può assolutamente essere definito «citazione». Il tema principale viene poi variato mediante ornamentazioni di stile rococò, in modo simile a quanto avviene nella Sonata per pianoforte op. 22, scritta due anni prima: si capisce bene come al recensore dell'Allgemeine Musikalische Zeitung dovesse piacere una Sonata così luminosa e così nostalgicamente rivolta verso il passato!
La Romanza in fa minore, qui eseguita nella versione per violino e pianoforte, è tratta dal quinto quartetto per archi in fa minore Op. 9, B. 37, e precisamente dall'Andante con moto quasi allegretto, e conosce anche una versione per violino e orchestra. Composta nel 1877, è dedicata da Dvorak all'amico Frantisek Ondricek. Fu eseguita per la prima volta a Praga, il 9 dicembre dello stesso anno, nella Konvikt Sal dell'Umelecka Beseda (Unione degli Artisti) .
La deliziosa Sonatina in sol maggiore Op. 100 venne composta nel 1893 per violino e pianoforte. Il pezzo denota una chiara impronta popolaresca in tutti e quattro i movimenti in cui è articolata. Il primo tempo (Allegro risoluto) ha un carattere vivacemente ritmico e non mancano felici spunti melodici inseriti in un contesto armonico quanto mai vario e mutevole. Il successivo Larghetto è in sol minore ed ha un tono malinconico e sofferto. Il violino si espande in una linea melodica espressiva sorretta nell'episodio centrale 'Poco più mosso' in sol maggiore dai morbidi arpeggi del pianoforte. L'atmosfera iniziale viene riproposta e portata a compimento dai due strumenti sino ad un clima dalle sfumate sonorità. Il Molto vivace può definirsi uno Scherzo con trio con tutto quel sapore gustosamente popolaresco che appartiene alla migliore cifra creativa di Dvorak. Dall'attacco in pianissimo si giunge alla ripresa del tema in maniera forte e accentuata nel ritmo. L'Allegro conclusivo è il più esteso dei quattro. Il primo tema ha un carattere robusto e dai toni sincopati e marcati, come pure il secondo tema, anche se con spirito diverso. Il momento centrale, definito 'Molto tranquillo', ha una linea cantabile e intensamente melodica. La ripresa del primo tema è di grande effetto: dopo il pianissimo i due strumenti sono coinvolti in uno 'stringendo', di vivace tensione espressiva.
Dvorak pubblicò i 'Quattro Pezzi Romantici' per violino e pianoforte con il titolo Quattro Pezzi romantici, per i tipi dell'editore Simrock. Nella poetica di Dvorak il termine 'romantico' deve considerarsi una consuetudine lessicale acquisita dalla generazione precedente, che si traduce essenzialmente nella ricerca di un linguaggio armonico che riverbera gli aspetti più brillanti e immediati dell'elemento popolare. Una componente essenziale che fa di Dvorak uno dei principali esponenti delle cosiddette 'scuole nazionali' che negli ultimi decenni dell'Ottocento, anche se limitatamente alle forme più superficiali, segnarono una rinascita dell'interesse verso il patrimonio culturale di tradizione orale soprattutto nelle regioni periferiche rispetto alla Mitteleuropa (e in particolare la Penisola Iberica, la Scandinavia, la Boemia, i Balcani). Sia nelle grandi che nelle piccole forme, in Dvorak il processo compositivo rimane comunque ancorato alla grande tradizione europea (Brahms innanzitutto), al cui interno il richiamo all'immaginario popolare emerge piuttosto come dimensione nostalgica per un mondo originario e genuino, in buona parte idealizzato. Con alle spalle una già notevole produzione cameristica, tra cui 11 Quartetti per archi, vari Trii e Quintetti con e senza pianoforte, nel gennaio 1887 Dvorak si dedica a un progetto apparentemente minore pensato appositamente per esecutori di livello amatoriale o allievi in corso di studi: un Trio in do maggiore per l'insolito organico di due violini e viola. «Il lavoro mi dà piacere quanto scrivere una grande sinfonia» - scrive il compositore a Simrock. «Che ne dici? Naturalmente è destinato a esecutori dilettanti, ma forse non scrissero cose del genere anche Beethoven e Schumann? E con quali risultati!». L'esperimento fu subito seguito da un altro simile, concepito però come una successione di quattro miniature: Cavatina, Capriccio, Romanza ed Elegia, indipendenti l'una dall'altra ma tutte in forma di Lied tripartito. Se per la pubblicazione si dovrà attendere il 1945 (con il titolo Drabnosti, Bagatelle), i pezzi conobbero un'immediata popolarità nella versione per violino e pianoforte che l'autore redasse nei giorni successivi alla loro composizione e che va per l'appunto sotto il titolo di Quattro Pezzi romantici. La trascrizione mantiene al violino la parte principale, mentre il pianoforte rileva le parti originariamente destinate al secondo violino e alla viola in una scrittura di fatto spoglia e limitata a formule di accompagnamento ritmicamente uniformi. In questa versione salottiera e al tempo stesso 'da concerto', i pezzi perdono il riferimento dichiarato al loro carattere, ma il contenuto musicale è il medesimo. La Cavatina diventa un Allegro moderato che consegna al violino il suo canto spiegato; il Capriccio cede il posto a un Allegro maestoso nei cui accordi strappati e nella vivacità delle altre figure risuona l'eco di una danza popolare; nel terzo pezzo (Allegro appassionato) il violino torna al lirismo più espressivo e un po' ingenuo, che nel Larghetto conclusivo assume un carattere più dolente, frammentato in cellule declamatorie come in un recitativo, rafforzato nel finale con intensi bicordi.