Ritorna a Venezia Virgilio Sieni, coreografo di statura internazionale e autore di una delle più significative ricerche nel campo della danza, di cui è uno dei protagonisti a partire dagli anni ’80. A Venezia e alla Biennale Sieni presenterà in prima assoluta il suo nuovo lavoro, dopo Tristi Tropici, lanciato proprio all’ultima edizione del Festival di Danza prima di approdare alla Biennale di Lione. Spesso ispirato alla grande poesia, alla letteratura e alla filosofia – dal lucreziano De rerum natura all’ultimo Kore, sul mito di Persefone riletto da Giorgio Agamben – l’artista toscano accoglie questa volta le suggestioni del De anima di Aristotele.
“Le danze sono come una raccolta di appunti. Arrivano dal buio, dal fondo, vicine. Danzano sempre nel loro essere attratti l'uno dall'altro. Entrano a folate, sembrano gruppi di famiglie, giochi di amici, esistenze lasciate e poi cullate: il tutto si sostiene tra corpi che cedono. Folate che fanno emergere una raccolta di quadri: tutti appunti, margini, pieghe sull'anima. Ogni quadro, come dei brevi racconti, cerca di esporre dei quesiti sul filo della narrazione: sono danze composte di accelerazioni, declinazioni e sospensioni verso l'attesa. Figure compassionevoli che rimandano lontanamente ai saltimbanchi, giocolieri e arlecchini di Picasso.
In questo arrivare dal fondo, nel presentarsi in scena, si cerca di esporre un ciclo di figure ai bordi di stanze immerse nella penombra dove il realismo si scioglie nella caduta continua nelle forme dell'anima.
Stanze del vivere in quanto sempre in attesa dell'altro.
L'anima come forma del vivente (Aristotele) apre a squarci dell'umano.
In questo contesto emergono le figure dello spettacolo, apparentemente malinconiche. Un'oscurità profonda, un'instabilità umana che nutre, in questo caso, il sorriso e l'ingegno originario dei danzatori.
La tattilità agita come sostanza trasparente è la vera origine di ogni quadro, pensando alla luce del gesto sempre procurata dal calore delle rotazioni.
Ogni danza è anche pensata secondo alcune indicazioni tratte dal De anima di Aristotele sui “sensibili comuni” a più sensi, il movimento, la quiete, il numero, la figura, la grandezza, che ci avvolgono in una ampia consapevolezza nei confronti degli altri corpi; così come il medium di ogni senso, quel canale che ci lega organicamente al flusso denso dell'invisibile.
E infine, chi sono questi giovani dal viso pallido che arrivano dal fondo, declinati con forza e abbandono al gesto della danza, e che noi incontriamo lungo il sentiero impervio della quotidianità? Senza volerlo ci indicano il tempo racchiuso nelle particelle di movimento che formano la figura fragile del passaggio nel trasparente del bosco: come boscaioli vedono nella fitta selva i sentieri erranti che edificano il corpo nel suo abbandono al gioco fanciullesco della maturità”. (Virgilio Sieni)