Arriva al Toniolo di Mestre l’11 marzo La notte poco prima della foresta, testo del drammaturgo parigino Bernard-Marie Koltès, messo in scena da Juan Diego Puerta Lopez e interpretato da Claudio Santamaria. La notte e la foresta vanno a richiamare un immaginario legato al buio e all’indefinito, idea che ben si iscrive nel testo di Koltès, autore geniale di cui ricorre il ventennale della morte: un monologo dirompente, senza respiro, nel quale è lo stesso Santamaria a introdurci.
«Si tratta di un flusso di coscienza con notevoli salti illogici. Il protagonista è uno straniero, così come lui si presenta fin dall’inizio. È solo, e si ritrova a vagare in un non-luogo e ad abbordare un passante che in realtà potrebbe anche essere immaginario. La scenografia non permette di individuare un ambito riconoscibile e va piuttosto a rappresentare l’interiorità di questo personaggio: sulla scena ci sono delle macerie a simboleggiare proprio il suo essere dilaniato dalla propria condizione di straniero e dal non riusicre a trovare uno spazio per sé in un mondo in cui tutti gli spazi sono delimitati e demarcati. È un uomo che sente forte la frustrazione di non poter combattere contro i suoi veri nemici, che non sono i delinquenti di strada ma, come si legge nel testo, sono questo piccolo clan di bastardi invisibili che stanno lassù, irraggiungibili, al di sopra di tutto e che hanno facce da assassini e stupratori. E la medesima frustrazione la vive per il fatto che, se prima lavorava, ora non cerca nemmeno più un’occupazione, che lo porterebbe solo a dover andare sempre più lontano. Questa è forse la parte più politicamente connotata del testo di Koltès, che si esprime poi in ricordi, visioni e apparizioni di due donne, sorta di fantasmi che vengono evocati: una puttana, che il protagonista dice di aver visto, e che muore perché al cimitero inghiotte della terra; e poi un’altra donna, con la quale vive una notte d’amore e che gli dice di chiamarsi Mamma per poi scomparire. Non viene raccontata una storia nel senso classico del termine: si tratta piuttosto di una narrazione per immagini».
Estratto dell'articolo pubblicato in VeneziaMusica e dintorni.
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