La classe del titolo è in una scuola multietnica di Roma dove degli stranieri adulti cercano la sera di imparare l'italiano. Glielo insegna un personaggio che in realtà recita (il nostro bravo Valerio Mastandrea), tutti gli altri invece non recitano o al massimo recitano se stessi, indiani, peruviani, turchi, iraniani, egiziani, senegalesi.
Sono lì perché, nelle loro singole realtà, ognuno appunto con origini diverse, per restare in Italia e riceverne i documenti idonei, hanno assoluta necessità di saper parlare la nostra lingua. In mezzo a loro, però, c'è anche un regista, lo stesso Gaglianone, che, mentre ci dicono dei loro problemi, li riprende con i mezzi del cinema per
realizzare, con loro, un film documentario su di loro, anche se loro non fingono mai perché il maestro e il regista li fanno esclusivamente parlare delle loro vite in Italia, ma ecco che, con grande turbamento del maestro che recita e del
regista che opera sul vero per poi costruirci un film di finzione, accade un fatto che rischia di bloccare tutto: uno degli studenti si sente dire dalle nostre autorità che non gli verrà rinnovato il permesso di soggiorno perché, anche se lì studia, non ha un lavoro e all'improvviso, così, fatica a partecipare a quelle riunioni dicendo che,
per lui, tornare a casa è la morte. Si fermerà allora
quella finzione pur interpretata da personaggi-persone che su se stessi si limitano a dire il vero? Un dilemma sia per il regista sia per il maestro, presto risolto però dalla accettazione (forzata ma convinta) di quella nuova realtà.