Portato a perfezione stilistica sin dalla fine del Settecento, il quartetto per archi germanico si basa su una perfetta parità tra i quattro protagonisti. Questo principio non si afferma immediatamente in Francia, poiché Rode e Baillot coltivano il “quartetto brillante” in cui predomina solo il primo violino. Ma sotto l’influsso beethoveniano s’imporrà a poco a poco la maniera paritaria, così com'è la concezione che fa del quartetto il genere serio per eccellenza.
Onslow e poi Gouvy saranno i Mendelssohn e Schumann francesi. Gouvy in particolare sperimenta in essi l’inclinazione moderna per gli scherzi sperimentali e il carattere nostalgico dell’intermezzo. Stranamente, per molto tempo i suoi quartetti sono rimasti in gran parte allo stato di manoscritti inediti, mentre il loro innegabile interesse ne fa un anello essenziale dell’evoluzione del quartetto francese intorno alla metà dell’Ottocento. Cosa ancora più incredibile, solo uno dei sei quintetti con due violoncelli dell’autore (quello in sol maggiore) è stato pubblicato, laddove il genere – eminentemente romantico per la densità della sua scrittura – è scarsamente rappresentato al di fuori delle opere di Onslow e del celebre quintetto di Schubert.
Lontani dalle vanità virtuosistiche delle opere assai antecedenti di Reicha o di Boccherini, i quintetti di Gouvy rivelano una profondità di pensiero, un gusto per le modulazioni audaci e una gestione delle temporalità che sono appannaggio... del genio.