Rito sonoro di e con Mariangela Gualtieri
con la guida di Cesare Ronconi,
cura del suono Luca Fusconi,
foto di Rolando Paolo Guerzoni, prima assoluta.
In occasione dell’ultima tappa del laboratorio 'Non andartene abisso al mio fianco',
inserito nel percorso 'Declinazioni di drammaturgia - Caino>Medusa' del progetto Parole in forma scenica 2011 di Giovani a Teatro, Mariangela Gualtieri presenterà un rito sonoro tratto dalla sua ultima opera, 'Caino', drammaturgia dello spettacolo omonimo, ultima produzione di Teatro Valdoca.
'Reciterò col cuore (by heart, dice la lingua inglese per dire “a memoria”), i versi che ho scritto intorno alla figura di Caino, intercalandoli al racconto di questa lunga avventura: i molti temi incontrati, il mistero intuito, i vacillamenti, le attese, il buio, le guide. E’ da questo regno di pensieri e parole che ha preso vita lo spettacolo del Teatro Valdoca. Vorrei far entrare chi ascolta nel paesaggio cangiante e pauroso che ho frequentato in questi anni, accanto ad un Caino dapprima schiacciato nel suo stereotipo tutto negativo e poi sempre più vicino, sempre più rispecchiante noi, uomini e donne di questo tempo'.
Mariangela Gualtieri.
La vicenda di Caino parla di noi, profondamente, con spietatezza.
È possibile avvicinarsi a Caino senza paura? Pensare che è talmente d'amore la sostanza siderale di cui siamo fatti, che se non siamo amati diveniamo deformi?
Abbiamo riflettuto su questa pagina per lungo tempo. Alla fine ci pare di avere compreso: questa pagina di Antico Testamento non vuole farsi comprendere. Dice che i conti non tornano, quando si è a ridosso di colui che gli ebrei chiamano il Santo Benedetto.
Dopo il fratricidio, Caino costruisce la prima città. Ci somiglia nella sua furia fattiva, lui e i suoi discendenti costruttori. E in fondo la storia umana, quella che studiamo, è una lunga lista di atti violenti e di nomi che quegli atti hanno compiuti o subiti, una lunga lista di un fare che ha causato innumerevoli morti, devastazioni, fondazioni e distruzioni e nuove fondazioni. Tutta la storia pare
il prosieguo della storia di Caino.
A Caino non basta fare, avere un risultato. Vuole che quel risultato lo qualifichi come migliore artefice. Forse non è tanto un discorso di invidia, quanto piuttosto di dominanza, di predominio sugli altri e sulla materia. E il dominio si manifesta nell’azione.
Chi ha scritto Genesi intuiva la minaccia dell’essere attivi e ragionanti e desideranti. La minaccia della stanzialità rispetto all’erranza. Della città rispetto al deserto. Della comunità urbana rispetto alla tribù. Dell’azione rispetto all’inazione. La minaccia dell’intelligenza.
La minaccia ma anche la forza non arginabile di questa energia che ci caratterizza: non è una degenerazione, è una energia in dotazione. Noi siamo “fabbricati” così, con dentro questa spinta incontenibile all’azione, con dentro questa tempesta.
Il testo
«Mi sono tenuta a una certa distanza dalla pagina biblica, lontana da qualunque tentativo esegetico, attratta piuttosto dal silenzio che regna intorno alla figura di Caino e dalla potenza di questa icona: si staglia solissimo in un deserto abbagliante, a muso duro, con un fratricidio che pesa sulle spalle, la maledizione della terra, la lontananza dal volto della divinità. E poi eccolo dare inizio, con la costruzione della prima città, alle nere arti della tecnologia ¿ rese nere più che altro dallo smarrimento dell'etica che non ha seguito l'immenso sviluppo tecnico. [...]
L'enigma del male, il mysterium iniquitatis, è un fondale che non possiamo non indagare, anche se non siamo capaci dell'immensa apnea che richiede. Questo è il mio primo tentativo, ancora impregnato dell'ombra che ho cercato di attraversare, colpita dalla reticenza di questo tema ad avere una parola definitiva. Non la si potrà mai pronunciare, per fortuna. Nessuno la possiede per intero: chi ha creduto di possederla ha troppo spesso seminato dolore. Io ho potuto solo balbettare.»
dall'introduzione dell’autrice Mariangela Gualtieri a Caino, Collana di teatro Einaudi, Torino 2011.