Di Mario Rigoni Stern, adattamento teatrale Roberto Citran, regia Titino Carrara.

Come dice Corrado Stajano, Mario Rigoni Stern è una specie di cancelliere della memoria. Senza enfasi e senza retorica, fa capire bene con i suoi racconti essenziali, simile a un falegname o a un meccanico, come sia doveroso ricordare, come non si costruisca nulla sul vuoto della dimenticanza e del rifiuto del passato. La scrittura del poeta asiaghese, così densa di particolari e molto descrittiva, è anche estremamente cinematografica, segue cioè il ritmo del racconto. Si passa da un campo lungo a primi piani di volti, oggetti, voci che raccontano vicende profondamente umane, da un treno che corre nella neve, a una mano che getta una carta sul tavolo. Col suo linguaggio lirico e allo stesso tempo semplice, Rigoni Stern ci porta in un mondo pieno di ricordi, di odori, dove si riconoscono il suono degli animali, gli abitanti del bosco e quel profumo intatto, non contaminato, che ti restituisce un universo pulito nel quale il rispetto per la natura e del prossimo sono valori fondamentali che non vanno dimenticati.