Dono, vale a dire gādā, dāšan, heka, onkei, gebō… Le variabili semantiche di questa parola
sono innumerevoli, direttamente collegate alla sua storia: infatti dono è una parola le cui
radici si collocano nella notte dei tempi.
Propria nella ricerca di questa matrice comune, panica e sottocutanea, si situa il lungo
viaggio di Giorgia Fiorio: nove anni in 38 missioni in tutto il mondo, attraverso
l’esperienza diretta, senza intenzioni enciclopediche, alla ricerca del fondamento comune:
donare, infatti accoglie una duplice accezione, vale a dire l’offerta e la ricezione. Il dono
diventa perciò metafora dell’esistenza umana, intesa come grazia, come tributo e
consacrazione. In questo modo, la simbologia e la cultura del dono si lega a quella del
Credo, a svelare un fitto intreccio di corrispondenze: gestualità, ritualità, sonorità, sinergie
e comuni fremiti di fronte all’inspiegabile.
“Il Dono è la vita, e poiché indissolubile da essa, anche la morte. Speranza promessa di
altra vita oltre la vita e ancora altre vite oltre la propria, il cerchio conchiuso della ricevuta
grazia-vita che genera altra vita. Poi è subito resa.”