Trent’anni fa il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro. È passato molto tempo, eppure si fatica ancora a rileggere quei terribili anni di piombo con sguardo libero da condizionamenti e da pregiudizi.
Molti dei protagonisti di quella stagione politica non ci sono più, ma il Paese non ha ancora fatto i conti con un pezzo di storia che ha fortemente influenzato quest’ultimo trentennio.
La Fondazione Gianni Pellicani e il Centro Culturale Candiani offrono un’occasione per guardare a quel tormentato periodo della storia d'Italia da un’angolazione diversa dalle solite commemorazioni.
Ovvero puntando a rievocare il rapimento e l’assassinio di Moro, da parte delle Brigate Rosse, provando a guardare la tragedia dall’esclusivo punto di vista della vittima attraverso la mostra-documentario ideata dalla Fondazione per le Scienze Religiose di Bologna. L’esposizione consiste in una video-installazione che riproduce, in dimensioni reali, la cella di Moro. Un esperimento forte, che consentirà di “toccare con mano” gli interminabili 55 giorni del sequestro.
La prigione a grandezza reale si presenterà avvolta di schermi che proietteranno, a ritmo continuo, documenti inediti. Lo schermo sarà composto come un trittico: nella parte centrale passano i Tg dei giorni che hanno immediatamente preceduto e seguito il rapimento e che all’improvviso rallentano fino a fermarsi su una “parola chiave”. E mentre il filmato s’immobilizza, l’immagine accanto di Moro, che sembrava una semplice foto, si anima. E da qui lo statista fa sentire il suo pensiero su un problema, un tema specifico. Via via nel video prendono forma le immagini di Lama, Paolo VI, Bachelet, Dossetti, Ruffilli e Tobagi che parlano di Moro e del suo ruolo nella storia d’Italia. Chi segue l’intero documentario, avrà modo, nell’arco di un’ora, di guardare senza dietrologie una vicenda che ha segnato la storia italiana.